Da Vanity Fair, 22 ottobre 2008Sono belli e allegri i
cortei di questi giorni contro la riforma della scuola ideata dagli staff dei ministri
Tremonti & Brunetta e poi passata sotto banco, durante l’intervallo, alla ministra
Mariastella Gelmini, che a ogni interrogazione in pubblico, e con notevoli occhiali, la difende a memoria.
Sono
belli, allegri e irriverenti, come è giusto che sia (“taglia taglia e
il bambino raglia”) in omaggio, anche, alla giovinezza. Sono persino
educati.
Infinitamente più educati di quanto non lo siano gli adulti,
non solo i politici, che stanno (che stiamo) furiosamente scassando il
mondo, incapaci di distribuire un po’ di riso, un po’ di medicine, un
po’ di acqua pulita, un po’ di contraccettivi per alleviarne la deriva.
Ma capacissimi di
moltiplicare guerre e crolli finanziari.
Consumi e fallimenti. Trovando in tre settimane migliaia di miliardi di
dollari per salvare le banche, ma nulla, o quasi nulla, da decenni, per
salvare qualche ragazzino africano dalla malaria e comprare dei banchi
in più per gli scolari di Scampia.
Dicono che gli studenti ne sappiano poco o nulla della riforma
della scuola e che protestino per niente. Il niente sarebbero i
grembiulini, il sette in condotta, il maestro unico e magari le classi
dell’apartheid padana.
Ma se davvero fossero niente, allora perché la riforma? E se non prevedesse il taglio di classi, di scuole, di posti di lavoro, e di buon senso,
perché affannarsi a vararla?
Per licenziare un po’ di bidelli? Ma no, dice la signora Gelmini. La
quale sa anche sorridere mentre spiega che tagliando qui e là si
rimetterà ordine al disordine scolastico, ci sarà più disciplina e più
premi ai meritevoli.
La sua carriera lo dimostra. Le classi
dirigenti lo dimostrano e il mondo che ne consegue pure. Sarà quel suo
sorriso lieto a irritare i ragazzi più della riforma, oppure solo le
bugie?
(Vignetta di Molly bezz)