L’accordo Pd-Di Pietro non piace al Platinette Barbuto, il che significa che è una
cosa ottima. Non piace neppure al
Cainano, e anche questo dovrebbe essere un buon segno, oltrechè un fatto naturale: la memoria di
Mani Pulite è per lui come l’aglio per i vampiri; il fatto che il 4-5% dei voti di cui è accreditato l’ex pm non vada disperso col
giochetto porcellesco dei quorum accorcia il distacco tra il Popolo dei prescritti in libertà e il Pd-Idv; in più il taglio - davvero rivoluzionario - dei
candidati condannati fin dal primo grado renderà ancor più scandalose le candidature berlusconiane e uddiccine di noti pregiudicati e condannati provvisori; e la presenza dell’ex pm renderà un po’ più difficili gli auspicati (dal Cainano)
inciuci sulla giustizia, le tv e le «grandi riforme».
Un po’ meno comprensibile è che le nozze tra Uòlter e Tonino dèstino
scandalo nel Pd, soprattutto se si usano gli
stessi argomenti del Cainano. Notevole, nel suo piccolo, il caso di
Peppino Caldarola, che nel giro di un anno è riuscito a passare da dalemiano ad antidalemiano, a uscire dai Ds perché non condivideva il progetto del Pd e poi a rientrare nel Pd perché gli piaceva Veltroni, e ora a minacciare di andarsene perché non gli piace la scelta di Veltroni. «Mi sembra difficile stare nello stesso partito» con Di Pietro, annuncia corrucciato. Motivo: «Che ne sarà della nostra
campagna dialogante con Berlusconi, con dipietristi e grillisti che lo chiamano “psiconano”?». È esattamente quel che dice Berlusconi. Del resto, l’altro giorno, l’inquieto Caldarola aveva scritto un articolo per
il Giornale di Berlusconi per chiedere, dopo le elezioni, un bel
governo di larghe intese con Forza Italia, proprio mentre Uolter smentiva di aver mai avuto questa intenzione. Ecco, è interessante la posizione di un aspirante candidato del Pd che
vuole governare con Berlusconi, Dell’Utri e Cuffaro, ma Di Pietro - pericolosamente incensurato - non vuol neppure vederlo.
Anche
Antonio Polito, altro trascinatore di folle, è allarmato. Anche lui lo fa sapere dalle colonne di un giornale di Berlusconi,
il Foglio, con cui collabora stabilmente: «Mi dispiace, ma io proprio non riesco a immaginarmi nello stesso gruppo parlamentare di Di Pietro, anche perché da questa alleanza desumo che il Pd si schiererà non solo contro la
legge sulle intercettazioni annunciata dal centrodestra, ma anche contro la sua stessa riforma, voluta dal suo governo in questa legislatura». In effetti è un bel guaio, per il Cainano, che il Pd non gli voti la legge che vuol mandare in galera fino a 5 anni chi fa le intercettazioni e multare fino a 2 milioni di euro i giornalisti che le pubblicano. È pure un bel guaio che il Pd prenda le distanze dalla
riforma Mastella, che si accontenta di rovinare i giornalisti multandoli fino a 100 mila euro. Secondo Polito, per guadagnare consensi il Pd dovrebbe seguire il programma di Mastella, che tanto entusiasmo ha suscitato in questi due anni nella base ulivista, e che naturalmente ha rovesciato il governo Prodi.
A questo punto resta da capire perché chi vuole fare un governo con Berlusconi o votare le sue leggi, e già collabora con i suoi house organ, non si candidi direttamente con Berlusconi. O magari fondi un nuovo partito, il «Caldalito», o il «Polirola», candidando le ultime vittime delle intercettazioni da
Fazio a
Moggi, dai
furbetti del quartierino alla
signora Mastella - e adottando lo slogan: «No cimici» o «Liberté Illegalité Impunité» (chiedendolo in prestito a Cetto Laqualunque, che ha già depositato il marchio).
Nemmeno il piccolo
Boselli si dà pace: perché Di Pietro sì e lui no. Il fatto che Di Pietro abbia i voti e lui no è, evidentemente, del tutto secondario. Gli elettori: questi sconosciuti. Che lo Sdi abbia appena imbarcato
Gianni De Michelis, condannato per corruzione sulle mazzette autostradali in Veneto e per
finanziamento illecito nel processo Enimont, è del tutto ininfluente. Anzi, com’è noto, l’elettore medio, tra un De Michelis e un Di Pietro, sceglierebbe a occhi chiusi De Michelis. Anzi, sono anni che gli elettori ulivisti occupano le strade e le piazze per chiedere che fine abbia fatto De Michelis e che cosa si aspetti a riportare in Parlamento e al governo una personcina così perbene. Non ci dormono proprio la notte. Purtroppo
resteranno a bocca asciutta anche stavolta. Speriamo nella prossima.
L'Unità, 15 febbraio 2008
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