Leggi la mia risposta al commento di Giuseppe D'Avanzo sulla puntata di Annozero.Nel 2002, quando con Peter Gomez ho scritto “
La Repubblica delle Banane” censendo gli
onorevoli condannati e imputati della scorsa legislatura, nessuno lo recensì e nessuno ne parlò. Ci convincemmo, Peter e io, di essere due matti un po’ fissati. E dire che già allora i condannati in Parlamento erano 25.
Poi, l’anno scorso, pubblicammo le pagine gialle, anzi marron, dei condannati e degli imputati del nuovo Parlamento: “
Onorevoli Wanted”. I condannati erano di nuovo 25: alcuni erano gli stessi della legislatura precedente, altri erano cambiati, ma i seggi riservati ai pregiudicati restavano immutabili. Una sorta di quota fissa (ora che, con la cacciata di Previti, sono scesi a 24, resta una casella da riempire, e vedremo chi arriva prima). Ma anche il nuovo libro non produsse effetto alcuno. Ci confermammo nell’idea che era un problema soltanto nostro, e dei 50 mila cittadini che avevano acquistato il libro.
Intanto però un comico,
Beppe Grillo, aveva preso sul serio la faccenda e ne aveva fatto una battaglia sul suo blog.
Santoro e la
Gabanelli rilanciarono il tema ad Annozero e a Report. La battaglia è poi sfociata nella raccolta di firme per la legge d’iniziativa popolare al
V-Day. Ora dei condannati in Parlamento parlano tutti,
perfino Vespa e Floris. L’altra sera se ne parlava a “Exit” con
Ilaria D’Amico. C’erano
Di Pietro e
Giovanardi, attorniati da alcuni noti onorevoli condannati come
Enzo Carra (false dichiarazioni al pm),
Daniele Farina (lesioni gravi, fabbricazione, detenzione, porto di ordigni esplosivi) e
Francesco Caruso (fresco di una condanna a 3 anni e mezzo in primo grado per estorsione ai danni di un supermercato).
Il trio faceva a gara nel tentar di dimostrare che il loro reato era poco grave, o non lo era proprio.
Giovanardi, che è incensurato ma un po’ se ne vergogna, sosteneva che c’è reato e reato. E sproloquiava di Bossi paragonandolo a Mazzini, farfugliando di “reati politici” e “d’opinione”, mentre il Senatur ha una condanna definitiva per la tangente Enimont. Nessuno nella confusione, nemmeno Di Pietro, ha ricordato che è vero, c’è reato e reato, ma
chi viola le leggi dello Stato non può scrivere le leggi dello Stato. Nessuno ha ricordato che l’articolo 54 della Costituzione recita: “… I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…”. A che cosa s’è ridotto l’onore di questi signori, se lo strattonano di qua e di là con scuse balzane come “reati minori”? E se non provano alcuna vergogna nel sedere a fianco di chi ha violato le leggi che ha fatto? I reati non si commettono, punto e basta. Tantopiù se si siede in Parlamento e si legifera su quali siano i reati e su come punirli.
Cacciare i condannati non basta.
Bisogna cacciare anche i prescritti: chi vuole svolgere pubbliche funzioni, ed è sotto processo, deve rinunciare alla prescrizione, per essere assolto se innocente o condannato se colpevole. Non può farla franca perché è passato troppo tempo.
E bisogna cacciare anche gli assolti, se hanno confessato un reato:
Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, fu arrestato nel ’93 e confessò di aver personalmente ritirato da vari imprenditori una dozzina di tangenti sugli appalti Anas. Poi, per vari cavilli giuridici, uscì prosciolto: ma dov’è l’onore di uno che confessa tangenti e poi si candida al Parlamento? E dei suoi compagni di partito che lo candidano e lo eleggono segretario?